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Ho appena rivisto in tv lo spot Moschino “Cheap and Chic”

che sembra proprio identico a quello realizzato e programmato “appena” 16 anni fa (la differenza forse è solo un fotogramma):

Forse sarà a causa della crisi, ma sembra una mossa molto “Cheap” e poco “Chic”

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Ricordate la campagna di comunicazione di comunicazione Ferrarelle degli anni ’80?

Oggi ci ripropongono lo stesso leit motiv “Liscia, gassata o Ferrarelle?” con due protagonisti dell’italianità nel mondo: Eleonora Abbagnato


e Gigi Buffon

che grazie all’effervescenza naturale dell’acqua riescono a trovare il proprio equilibrio e tornare ad essere se stessi.

Niente di nuovo e/o emozionante rispetto alla campagna di trent’anni fa con l’aggravante di imitare la già consolidata coppia Alex Del Piero e Cristina Chiabotto per le Acque della Salute Uliveto e Rocchetta.

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Per ironia della sorte, in questi giorni, sono on air le campagne di comunicazione di: Nastro Azzurro e Citroën.

Personalmente, faccio fatica a trovare delle differenze.
Voi che ne pensate?

 


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Non capita spesso che la realtà superi la fantasia e, men che mai, che riesca a dare un nome e cognome alla protagonista di una nota favola. Invece, è proprio quello che è successo lo scorso 29 aprile, quando una borghese Catherine Elizabeth Middleton ha sposato il Principe William, il secondo (in linea di successione) erede al trono d’Inghilterra, divenendo così Principessa Kate di Galles, ma anche Duchessa di Cambridge è, infatti, questo il titolo che la Regina ha voluto regalare agli sposi.

Un evento che ha attratto (non poco) investitori pubblicitari, come per es. la compagnia telefonica T-Mobile UK che invita a condividere i momenti speciali un divertente spot pubblicitario che è stato realizzato con i sosia dei membri della famiglia reale inglese.

Un matrimonio pianificato nei minimi dettagli con un rigido programma ufficiale e dove tutti i protagonisti principali dell’evento (la sposa, lo sposo, la regina) sono arrivati all’Abazia di Westminster in Rolls Royce, tant’è che a molti è sembrato di vivere uno spot della casa automobilistica inglese.

Kate, una ragazza dallo stile “acqua e sapone”, che sicuramente Lady Diana avrebbe approvato, ha pronunciato il suo “I will” nell’abbazia di Westminster davanti a 1900 invitati, mezzo milione di londinesi e di turisti per le strade che si sommano agli oltre due miliardi e mezzo di persone che hanno seguito in diretta tv.

Per l’occasione ha indossato un abito che “ricorda un fiore che si apre”, color avorio con un corpetto di pizzo bianco a maniche lunghe, con un piccolo scollo a V e che lei stessa ha disegnato insieme a Sarah Burton, il direttore creativo della griffe Alexander McQueen. Un abito che, tra l’altro, ricorda quello di Grace Kelly con il principe Ranieri di Monaco negli anni Cinquanta.

Lo strascico di “appena” 2,70 metri, circa la metà di quello della suocera, egregiamente indossato da una ventinovenne, da tempo programmata per fare la “professione” della principessa.

Di contro, la donna di fatto più importante dell’Inghilterra, la Regina Elisabetta, che per un giorno ha dovuto vestire i panni di non protagonista ha scelto per il matrimonio del nipote un abito giallo primula, disegnato da Angela Kelly rendendocela molto più simpatica del solito forse perché ci ha ricordato la signora in giallo della pubblicità dei “Ferrero Rocher”.

 La famiglia reale aveva invitato tutte le invitate ad indossare un elegante copricapo e così è stato per tutte le invitate ad eccezione dell’anonima Samantha Cameron la moglie del primo Ministro inglese e della damigella d’onore, la sorella della sposa Pippa Middleton.

Tra i tanti bellissimi cappelli

spiccavano quello: di Victoria Beckham, che ha sfoggiato un piccolo capellino blu notte molto raffinato decorato con rami e fiori;

della fidanzata di Alberto di Monaco, Charlene Wittstock, cappello a tesa larga;

delle cugine di William Eugenia e Beatrice, che hanno optato per un cappello blu elettrico sormontato da enormi fiori che ricorda nella forma quello di Robin Hood, e di un eccentrico cappello beige che si sviluppa in altezza e ricorda un cameo sormontato da un fiocco.

Di contro, il velo è dell’abito di Kate è stato trattenuto da una tiara Halo di Cartier, offerta alla sposa dalla Regina, fatta realizzare per la Regina Madre dal Re Giorgio VI nel 1936.

Neo di tutta la cerimonia: gli occhi invidiosi della “suocerastra” Camilla Parker Bowles

Unica stravaganza la collocazione di sei aceri lungo la navata centrale dell’Abbazia che gli sposi hanno percorso verso l’altare, un’iniziativa per sottolineare la volontà ecologista della sposa e per potenziare l’effetto mediovale del luogo. Uno sforzo notevole, oltre che costoso, che viceversa non si è compiuto nella scelta dei vini del ricevimento nuziale: un bianco di Chapel Down, un’azienda del Kent (costo a bottiglia 8.50 alle 14 sterline) e uno Champagne Pol Roger non vintage da 30 sterline alla bottiglia.

Nel pomeriggio gli sposi hanno lasciato Buckingham Palace con una Aston Martin, altra casa automobilistica britannica, con tanto di palloncini e targa all’americana “Just Wed” (ecco il video).

Al di là della maestosità dell’evento dovuta certamente alla “regalità” dei protagonisti, alla location, ai circa 2000 invitati che si sommano agli oltre due miliardi e mezzo di persone che lo hanno seguito tra le strade di Londra e in tv e sul web, quest’evento rimane sicuramente un grande spot su Londra.

La diretta televisiva ci ha, ancora una volta sorpresi ad ammirare le bellezze architettoniche di Londra, una città che da metropoli superveloce ha saputo scandire lentamente un tempo che appartiene agli sfarzi del passato e farci vivere un sogno tutto a favore di una monarchia che aveva bisogno di questo matrimonio come di una goccia d’acqua in un deserto.

Infiniti sono stati, sono tutt’ora e saranno i servizi televisivi, fotografici e le pagine web nati ad hoc sull’argomento e che avranno, indubbiamente, ricadute positive sull’economia della città e dell’intera nazione rivitalizzando il turismo e tonificando l’immagine della monarchia inglese che, dopo la morte di Lady Diana, ha perso punti di popolarità a livello nazionale ed internazionale.

Agli sposi vanno i miei migliori auguri e la speranza che questa Kate (visti i precedenti) porti un po’ di fortuna alla Royal Family. Ma si potrebbe già azzardare che Kate & William hanno salvato la Regina (Elisabetta) riavvicinandola ai suoi sudditi.

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Nike Better World nasce per esprimere l’impegno ‘sociale’ del brand ed ha ideato uno spot che raccoglie alcune delle immagini più memorabili degli spot che Nike ha finora realizzato.

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Il termine guerrilla entra a far parte del marketing grazie a Jay Conrad Levinson, che nel 1984 pubblica il libro Guerrilla Maketing. Secondo l’autore l’obiettivo del guerrilla marketing è “raggiungere obiettivi convenzionali, come profitti e successo investendo energia e creatività anziché soldi” utilizzando (prendendo spunto proprio dalla guerriglia militare) metodi non convenzionali, l’effetto sorpresa e realizzando piccole azioni localizzate sul territorio. Per guerrilla maketing si intende quindi una forma di marketing non convenzionale che irrompe nel quotidiano utilizzando strumenti non convenzionali emergendo, in questo modo, tra miliardi di messaggi pubblicitari. Riepilogando quindi gli elementi essenziali delle azioni di guerrilla marketing sono l’effetto sorpresa, la novità, l’esagerazione, l’uso di piccoli budget, la diffusione in aree definite: tutti ingredienti che consentono di ottenere l’attenzione del pubblico in un momento in cui le “difese” sono molto basse e farlo sentire partecipe di un’esperienza unica. Tale esperienza, grazie al passaparola (word of mouth) e all’attenzione dei media (buzz) si tradurrà nella diffusione virale del messaggio o dell’evento di cui, in alcuni casi, solo in un secondo tempo viene svelato l’emittente. Gli eventi, gli strumenti ed i media utilizzati sono molteplici e vari. Si spazia dalle installazioni che inseriscono perfettamente nel contesto urbano come la panchina della Kitkat,

le strisce pedonali di Orbit,

i prodotti giganti della Nike

e della Lego

agli stickers appiccicati ovunque come nel caso di M&M’s

o della recente campagna Yamaha Winter Pit Stop;

dalle pellicole sui muri per il lancio del film 2012


o sugli ascensori

alle scritte nei posti più impensati, come una cannuccia

o il tappo di una bevanda;

dalla personalizzazione di bags o shoppers

all’utilizzo di media classici in modalità innovativa, come hanno fatto Mc Donald’s

o la catena Oldtimer

Dato l’utilizzo di budget limitati le azioni di guerrilla si prestano molto per piccole/medie aziende, come la campagna Angeli precari della gioielleria Samuela o per campagne sociali quali: la lotta all’aids o campagne di sensibilizzazione ad un minor spreco di carta
Ma iniziative di guerrilla non sfuggono anche a colossi come McDonald’s, che in Ungheria ha promosso, attraverso un simpatico video virale, la campagna Everyone saves for something

Numerose le iniziative che coinvolgono il pubblico direttamente come, per esempio, la campagna Can’t stop me della Kenwood, che ha posizionato in luoghi di transito una macchina carbonizzata con lo stereo perfettamente funzionante

o la mosca della casa editrice Eichborn (il cui logo è una mosca) realizzata all’interno della fiera del libro di Francoforte

Insomma, in tempi di crisi, con piccoli budget e la giusta strategia di guerrilla marketing i risultati non si faranno attendere!

Pubblicato l’8 marzo 2010 su www.tentaculus.it

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